Riforma Pensioni, lavoro e Irpef: ecco quanto costano le riforme

Servono 7 miliardi per le riforme su pensioni, lavoro e IRPEF. Solo l’estensione ai pensionati del bonus da 80 euro costerà 2,3 miliardi. Altri 11 miliardi necessari per portare il deficit all’1,8 per cento.

I prossimi mesi imporranno dunque a Renzi scelte precise su chi scontentare e chi no, a Bruxelles e nel tessuto della società italiana; su cosa rinviare e come farlo; e su come conciliare il calendario del bilancio con quello del referendum. È sempre più plausibile infatti che quest’ultimo finisca per essere convocato il 2 o il 9 ottobre – anziché il 16, come pareva inizialmente – proprio per evitare che il passaggio dalle urne arrivi giusto all’indomani del varo di una legge di Stabilità così complessa.

Vediamo tutto quello che è sui tavoli di Palazzo Chigi. Renzi ha detto più volte che occorre intervenire sulle pensioni basse. Ma estendere il bonus da 80 euro da 10 milioni lavoratori dipendenti a circa 2,3 milioni di anziani con un reddito da pensione inferiore al minimo di legge (501,89 euro al mese, nel 2016) costa 2,3 miliardi l’anno. Sempre in materia previdenziale, il premier ha lanciato l’idea dell’Ape: l’anticipo di pensione per consentire dal 2017, su base volontaria, di lasciare il lavoro fino a tre anni prima dei requisiti previsti dalla riforma Fornero (oggi 66 anni e 7 mesi per la pensione di vecchiaia). Questa ipotesi – peraltro da negoziare con i sindacati, che chiedono molto di più – comporta maggiore spesa per 600-700 milioni solo nel primo anno. Avrebbe il vantaggio di non destrutturare la legge Fornero ma, viste le penalizzazioni sulla pensione, rischia di risultare appetibile solo per fasce marginali di lavoratori soprattutto nelle aziende in crisi.

C’è poi la legge delega sulla povertà, che deve essere approvata dal Parlamento. L’impianto prevede un primo sostegno universale per le famiglie più indigenti con figli minori, ma il miliardo di spesa previsto per il 2017 è assolutamente insufficiente rispetto alle dimensioni del problema. Oggi sono 4,1 milioni le persone in condizioni di povertà assoluta secondo la definizione dell’Istat: quelle che non possono permettersi spese essenziali come il riscaldamento o un numero sufficiente di pasti nella settimana. Renzi e Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro, hanno promesso che faranno di più. In proposito si ipotizza una maggior spesa di 500 milioni: un’ipotesi di minima che potrebbe non bastare se il governo decidesse di far salire oltre gli 8 mila euro la soglia di reddito entro la quale nessuna tassa è dovuta («no tax area»).