La stampa internazionale parla soltanto di lei: Virginia Raggi, neosindaca di Roma per il Movimento Cinque Stelle, la prima donna in Campidoglio nella storia della Capitale. Ma anche la vera prova del nove per la forza politica creata dal comico Beppe Grillo, che da Roma è pronta a far partire la scalata al governo di Matteo Renzi.
Raggi è un’avvocata di 37 anni, nata e cresciuta a Roma. Laureata in giurisprudenza, è specializzata in diritto dell’informazione, proprietà intellettuale e nuove tecnologie. Ha lavorato fino a poco tempo fa per lo studio Sammarco, non uno qualunque: nel team dei suoi colleghi ce n’è uno che in passato ha difeso Silvio Berlusconi, il leader di Forza Italia, il suo legale e sodale Cesare Previti, condannato in due processi per corruzione in atti giudiziari e interdetto in via perpetua dai pubblici uffici, e Marcello Dell’Utri, altro esponente “azzurro” condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
Quando la notizia è stata diffusa, usata dai detrattori per insinuare che Raggi lavorasse per Forza Italia e orbitasse nel mondo della destra romana, lei ha reagito così: «Stanno facendo di tutto per screditarmi, e così, dopo la bufala di Mafia Capitale (si disse che il suo nome fosse nella relazione prefettizia sulla malagestione capitolina emersa da un’inchiesta, e non era vero, ndr), eccone un’altra. Ma le bugie hanno le gambe corte. I miei colleghi avvocati sono molto contenti di poter lavorare finalmente a qualcosa di leggero e facile. Ma quanta paura vi faccio?».
In realtà Raggi è stata anche vicina alla sinistra radicale di Sel, si è spesa nell’associazionismo e nella promozione di gruppi di acquisto equosolidali. Ma la scintilla con la politica è scoccata nel 2011 con il Movimento Cinque Stelle: anche il marito, con cui ha un figlio di sette anni ed è separata di fatto (nonostante la lettera strappalacrime di lui pubblicata sui social dopo la vittoria), è un attivista grillino.
Nel 2013 Raggi è stata eletta in consiglio comunale con 1.525 preferenze. Il 23 febbraio scorso, con una votazione online sul blog di Beppe Grillo (la modalità con cui i Cinque Stelle selezionano la classe dirigente), è stata decisa la sua candidatura a sindaco della Capitale: gli iscritti che hanno partecipato al voto sono stati 3.862 su quasi 9.500. Lei ha ottenuto 1.764 voti, il 45,5% del totale. Un numero molto esiguo per una legittimazione, hanno denunciato gli avversari del Pd, che sceglie i suoi candidati con le primarie.
Raggi ha potuto contare sul sostegno del cofondatore del Movimento, Gianroberto Casaleggio, scomparso da poco, e di quello di suo figlio Davide, che ha ereditato la gestione della Casaleggio Associati, società milanese che gestisce le chiavi del blog di Grillo e della nuova piattaforma Rousseau, l’anima digitale del M5S. A supportarla attivamente sono stati anche due big del movimento: i deputati Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, che studia da futuro premier. Il legame con Casaleggio e con i vertici del Movimento, ma anche l’annuncio che si avvarrà di uno staff di attivisti parallelo alla giunta comunale, la fa bollare dai suoi nemici politici come «teleguidata», incapace di autonomia.