Risale a 5 anni fa il provvedimento di sequestro dei conti del latitante algerino Farid Bedjaou, sparsi nelle banche di Libano, Hong Kong, Svizzero e Lussemburgo. L’ammontare della somma, un consistente malloppo di ben 197 milioni di euro, secondo la Procura di Milano in realtà è una mega tangente mascherata da commissione pagata dalla Saipem alla “Pearl Partner Limited”, società non operativa del latitante.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’affare di corruzione internazionale è proseguito fino al 2010 da parte della Società Italiana Perforazioni e Montaggi. I destinatari, oltre al citato soggetto latitante, erano alti politici algerini, in particolare l’allora Ministro dell’Energia Chekib Khelil, di cui Bediaou era il faccendiere.
La Saipem avrebbe avuto in cambio l’appalto per 8 contratti in materia di produzione di energia, per un valore totale di 11 miliardi di dollari, pari a un utile netto a fine 2012 di 1 miliardo di dollari.
Al processo in corso a Milano, il Pubblico Ministero Isidoro Palma ha chiesto 6 anni e 4 mesi di carcere per Paolo Scaroni, l’ex numero uno di Eni, ora nel Consiglio di Amministrazione dell’AC Milan. 8 anni invece per Farid Noureddine Bedjaoui, colui che si sarebbe occupato con i suoi uomini di ricevere le tangenti.
Tra gli altri imputati per corruzione internazionale l’allora responsabile Eni in Nord Africa, Antonio Vella (chiesti 5 anni e 4 mesi per lui), l’ex ad di Saipem, Pietro Tali (6 anni e 4 mesi), l’ex direttore finanziario di Saipem e poi di Eni, Alessandro Bernini (6 anni).
Nelle richieste di carcerazione figurano anche i complici di Bediaoui. Per Samyr Ouraied, il braccio destro di Bedjaoui, chiesti 4 anni e 10 mesi. 6 anni per l’altro intermediario, Omar Habour. Il Pm propone di devolvere la confisca di 197 milioni allo Stato Italiano. Imputabili anche le persone giuridiche Eni e Saipem, per responsabilità amministrativa degli enti, da condannare con una sanzione di 900.000 euro.